• Un Comune decide di affidare il servizio di riscossione delle entrate tributarie locali a una società con capitale misto (per il 51% pubblico, di proprietà del Comune medesimo, per il 36,75% di proprietà di una società di riscossione dei tributi).
  • Il socio privato viene dichiarato insolvente e ammesso alla procedura di amministrazione straordinaria, ai sensi del DL 347/2003.
  • Su istanza del Commissario straordinario della procedura, anche la società mista viene ammessa dal Ministero responsabile (Economia) alla procedura di amministrazione straordinaria, sul presupposto che la società mista sia da considerare impresa in crisi appartenente al “gruppo” facente capo al socio privato, già sottoposto ad amministrazione straordinaria (secondo il combinato disposto dell’art. 3 comma 3, DL 347/2003 e dell’art. 81 D.Lgs. 270/99).
  • Avverso il decreto di ammissione il socio pubblico (un Comune) della società mista presenta ricorso al Tar, in esito al quale il predetto decreto viene annullato.

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L’art. 81 del D.Lgs. 270/99 dispone l’ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria delle imprese del gruppo che si trovino in stato di insolvenza, laddove per imprese del gruppo devono intendersi:

– quelle tra cui esiste un rapporto di controllo, ai sensi dell’art. 2359 cc;

– quelle che risultano soggette a una direzione comune.

– quelle che intrattengono in via sostanzialmente esclusiva rapporti contrattuali con l’impresa sottoposta alla procedura, ai sensi dell’art. 3 comma 3 del DL 347/2003.

Ebbene, in presenza di una società mista concessionaria di un servizio pubblico – partecipata al 51% dal socio pubblico e al 36,75% dal socio privato – tra quest’ultimo e la società mista cui partecipa:

  • è configurabile una delle ipotesi di controllo societario, siccome individuate dall’art. 2359 c.c.?
  • è presente il requisito della direzione comune, come individuato art.80 D.lgs. 270/99?
  • è configurabile un “gruppo di imprese”, secondo la definizione fornita dall’art. 3 comma 3 del DL 347/2003?

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La società mista non può essere qualificata come impresa del gruppo facente capo al socio privato anzitutto perché non esiste un rapporto di controllo tra le due.

E, difatti, il socio privato non dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria della società mista, né dei voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante sulla stessa, essendo in mano pubblica la quota di maggioranza.

Peraltro, nessuna direzione comune tra il socio privato e la società mista può configurarsi nel caso di specie, rappresentando quest’ultima una tipica forma di partenariato pubblico privato, che ha come fine istituzionale quello della gestione del servizio pubblico affidatole dall’Ente Comunale concedente e non lo scopo di lucro proprio delle società commerciali “il quale non può sovrapporti né imporsi a quello di indole (indirettamente ) pubblicistica, perseguito dalla società a prevalente partecipazione pubblica, chiamata a gestire un servizio pubblico di riscossione dei tributi, per quanto forma imprenditoriale”.

Deve escludersi, infine, anche la configurabilità del “gruppo di imprese” tra la società mista e il socio privato, secondo la ulteriore e alternativa definizione fornita dall’art. 3 comma 3 del DL 347/2003, in base alla quale il Commissario straordinario può chiedere l’ammissione alla procedura straordinaria di altre imprese del gruppo, laddove per imprese del gruppo devono intendersi anche le imprese partecipate che intrattengono in via sostanzialmente esclusiva rapporti contrattuali con l’impresa sottoposta alla procedura.

Ebbene, nel caso di specie la società mista non intratteneva rapporti contrattuali esclusivi con l’impresa sottoposta a procedura (essendo vero- semmai – il contrario), stante, peraltro, la ricordata sostanziale differenza nell’oggetto sociale.

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Non sussistendo i presupposti di legge per l’estensione alla società mista della procedura di amministrazione straordinaria cui è sottoposto il socio privato della stessa, il Tar ha annullato il relativo decreto di ammissione.

Riferimento: TAR Lazio, sez. III ter, 7.10.2014, n. 10216

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